In una fresca mattina d’estate,
una ninfa incontrai nel bosco.
Leggiadre le membra come
giunchi nel vento danzava,
La selvaggia chioma dispersa,
lo sguardo indomito e fiero.
Venne da me come in un sogno
scoprendo l’esile collo d’Avorio.
Perduto e dannato da tanta bellezza
mi abbandonai nel suo abbraccio,
dimentico di me stesso e del mondo.
Prigioniero per mio stesso desiderio.
Mi parlò.
La sua voce umiliava gli angeli.
Mi guardò.
Il suo sguardo rubava l’anima.
Capii allora che non di ninfa si trattava,
ma di una succube seducente e mortale.
Un demone che riconosceva un suo simile.
Non vendetti la mia anima perché già la possedeva.
Il suo bacio è dannazione soltanto per chi non è già dannato.
(di Igor Comunale)