Cosa vuoi che sia
un cuore spezzato?
Cosa vuoi che sia
una speranza abortita?
Quando è l’anima
che è in pezzi,
che può significare
qualsiasi altro dolore?
Così danneggiata che
nemmeno tu la puoi
curare.
Così spezzata,
che non la puoi
riforgiare.
Credi che il dolore
sia qualcosa di
vivo?
Il dolore è una cosa
morta, seppellita,
nascosta.
Speravo di anestetizzarlo.
Credevo davvero fosse possibile.
Bere, fumare, fare sesso…
le provi un po’ tutte
cercando di sfuggire.
Non puoi evitare per
sempre di ritrovarti
lucido a contemplare
le rovine che un tempo
erano il tuo palazzo.
Nelle ore solitarie,
nei momenti di vuoto,
negli attimi perduti
negati alla vita,
ogni volta lo ritrovo.
Questo dolore sordo,
come un rumore di
fondo così consueto
da essere diventato
il senso profondo
dell’esistenza.
Tutto questo chiasso
a volte lo sovrasta,
ma lo sai che è sempre
là, in agguato, nel profondo.
Credevo che il tuo amore
potesse lenirlo, che potesse
ripararmi: mi illudevo.
Mi lascio scivolare ogni giorno
sempre più in basso, sempre
più a fondo, la superficie
una luce lontana che non
posso più raggiungere.
Mi manca l’aria,
mi manca il respiro.
Affondo.
Non mi oppongo.
Sprofondo.
(di Igor Comunale)
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