Luna

Chi ti fece silenziosa, pallida e lontana?
Chi ti fece argentea nel cielo notturno?

I tuoi occhi lucenti si velano.
Nelle tenebre brillano più intensi,
Incastonati nel tuo eburneo chiarore.

Soavi malìe intreccia la tua voce,
silente la natura s’inchina al tuo cospetto.

Chi fece i tuoi occhi che seducono i Santi?
Chi fece le tue labbra che rubano le anime?

Sedotto dal tuo lucore
Mi perdo ad ammirarti,
Mentre lenta avanza l’alba
Che ti porta via da me.

(di Igor Comunale)

La Ninfa

In una fresca mattina d’estate,
una ninfa incontrai nel bosco.
Leggiadre le membra come
giunchi nel vento danzava,
La selvaggia chioma dispersa,
lo sguardo indomito e fiero.

Venne da me come in un sogno
scoprendo l’esile collo d’Avorio.
Perduto e dannato da tanta bellezza
mi abbandonai nel suo abbraccio,
dimentico di me stesso e del mondo.
Prigioniero per mio stesso desiderio.

Mi parlò.
La sua voce umiliava gli angeli.
Mi guardò.
Il suo sguardo rubava l’anima.

Capii allora che non di ninfa si trattava,
ma di una succube seducente e mortale.
Un demone che riconosceva un suo simile.
Non vendetti la mia anima perché già la possedeva.
Il suo bacio è dannazione soltanto per chi non è già dannato.

(di Igor Comunale)

Identità

Cullando l’illusione di Me stesso
ho ascoltato il rumore dell’universo.
Echi lontani di risate immortali
ridicolizzano ogni certezza.

La vastità che mi sovrasta
mi getta in un tedio sublime.
Ogni coscienza è un universo:
luoghi morti.

Come passeggiando per i viali
di un cimitero, tra le lapidi vuote
di chi s’illudeva di Essere reale,
scorrendo la vita una pagina
per volta, sogno la menzogna
di Essere Me.

(di Igor Comunale)

Seme Amaro

Distratto dentro me stesso
mentre il mondo continua
a vorticare.

Contemplo a velocità sostenuta
l’eterno ciclo della corruzione
senza fine.

Le macerie le ho nascoste
sotto a un tappeto di scuse
per viverle ancora.

È rimasto poco di quell’identità
che pensavo di poter mantenere
indefinitamente.

Sono inerme davanti al dolore,
disarmato spettatore di crudeltà
giustificate.

Il tappeto del mio ego è sfilacciato
come i miei pensieri inquieti
spodestati.

Saltuariamente so chi dovrei essere,
lo dimentico con facilità e lascio
sia la vita a trasportarmi nella
corrente di un tempo che non mi
appartiene.

Ricordi, persone, vicende…

Lascio tutto andare alle mie spalle,
la mia identità perduta riflessa
nei giudizi altrui che mi scivolano
addosso.

La speranza è un seme amaro,
sono stanco di lottare contro
questi mulini a vento.

Mi lascio qui, senza difese,
nell’illusione di Essere.

⁃ di Igor Comunale

Sprofondo

Cosa vuoi che sia
un cuore spezzato?
Cosa vuoi che sia
una speranza abortita?

Quando è l’anima
che è in pezzi,
che può significare
qualsiasi altro dolore?

Così danneggiata che
nemmeno tu la puoi
curare.

Così spezzata,
che non la puoi
riforgiare.

Credi che il dolore
sia qualcosa di
vivo?

Il dolore è una cosa
morta, seppellita,
nascosta.

Speravo di anestetizzarlo.
Credevo davvero fosse possibile.

Bere, fumare, fare sesso…
le provi un po’ tutte
cercando di sfuggire.

Non puoi evitare per
sempre di ritrovarti
lucido a contemplare
le rovine che un tempo
erano il tuo palazzo.

Nelle ore solitarie,
nei momenti di vuoto,
negli attimi perduti
negati alla vita,
ogni volta lo ritrovo.

Questo dolore sordo,
come un rumore di
fondo così consueto
da essere diventato
il senso profondo
dell’esistenza.

Tutto questo chiasso
a volte lo sovrasta,
ma lo sai che è sempre
là, in agguato, nel profondo.

Credevo che il tuo amore
potesse lenirlo, che potesse
ripararmi: mi illudevo.

Mi lascio scivolare ogni giorno
sempre più in basso, sempre
più a fondo, la superficie
una luce lontana che non
posso più raggiungere.

Mi manca l’aria,
mi manca il respiro.

Affondo.

Non mi oppongo.

Sprofondo.

(di Igor Comunale)

La Chiave

Non schiudere la mia
anima se non hai il rispetto
che si deve a un tempio.

Non cercare di entrare se
non vuoi conoscere i miei
abissi e la mia tristezza.

Resta fuori, non tentare,
ché il mio mistero è
destinato a pochi.

Non ho tempo per le cose
da poco quando ho l’eterno
da attendere e assaporare.

Se non hai la mia profondità,
ci sono anime più semplici
da avvicinare e possedere.

Molti folli hanno tentato
e sono caduti, obliati.

Se possiedi la chiave giusta,
non hai bisogno di cercarla.

Vieni avanti se ne hai il coraggio,
i cuori pavidi non troveranno posto.

Chi non sa comprendere e vedere,
resti fuori dai miei silenzi.

Se nel mio abisso non vuoi
sprofondare, rischiando di
perderti senza via d’uscita,
allontanati ora e non voltarti.

Se tu brami la superficie,
meglio che i tuoi passi
conducano altrove.

Meglio che i tuoi passi
conducano lontano da me.

(di Igor Comunale)

La Vittoria più Grande

Pensavo che quei
tuoi artigli rapaci
avessero lasciato
la loro presa sulla
mia mente.

Credevo di essermi
risvegliato da quel
brutto sogno che
è stato incontrarti.

Mi trovo nuovamente
a combattere con quei
vecchi demoni che ero
convinto d’aver ucciso.

Ma al tuo veleno
non è così facile
sfuggire.

Eppure mi hai già
dimenticato da tempo,
ora che hai trovato
nuove prede.

Hai bevuto di me
come un vampiro,
abbandonando il
mio guscio vuoto.

Non esiste dolore più
grande di uno che non
pensavi più di provare.

Sono stanco di te
ora più che mai.

Una vita migliore
mi attende e avrà
da donare molto
più di ciò che non
ho mai avuto da te.

Non voglio
scordare
il tuo nome.

Da te ho imparato
cosa significa non
sentire nulla dentro.

Ma io sento ancora.

E questa sarà
sempre la vittoria
più grande.

(di Igor Comunale)