Stavo pensando proprio oggi, fra mille altri ragionamenti, a come poter considerare attualmente il “mestiere” dello scrittore fantasy in Italia. Nel nostro Paese il genere non gode di molta fama. L’unica scrittrice che sembra riuscire ad avere un seguito forte è Licia Troisi con Mondadori. Per il resto, il fantasy propriamente detto è relegato ad innumerevoli case editrici medie e minori. Grande è stato il successo dell’urban fantasy negli ultimi anni, ma anche esso sembra trovarsi alle prese con un declino apparentemente inevitabile.
In questo panorama, per molti versi scoraggiante, cosa può aspettarsi un aspirante scrittore di fantasy? In periodi di crisi, si sa, ognuno cerca di arrangiarsi come può. Però non è di certo per i guadagni che uno scrittore decide di pubblicare romanzi di questo genere letterario. Se è questo il caso, io consiglierei a tali individui di smettere subito. Se il fantasy non lo scrivete perché avete dentro qualcosa (un pensiero, un’idea o anche solo una storia) da condividere, allora state perdendo tempo. Non si riesce a vivere pubblicando fantasy come sola attività qui in Italia.
Io so perché scrivo fantasy. La mia motivazione è molto semplice: i romanzi realistici mi annoiano. Tutto qui. Non riesco a leggerli (se non in rarissimi casi), figuriamoci a scriverli. Del resto ciò che spesso mi domando è: ma a chi potrebbe mai interessare una banalissima storia in cui descrivo un mondo che è quello di sempre e dove parlo di episodi banali della vita di ogni giorno? Chi sarebbe interessato a leggere il mio libro di tragedie mondane quando basta accendere il televisore per assistere a tutte le brutture del mondo? Questo non significa che io disprezzi gli autori di prosa realistica o i loro lettori. Il discorso è ben differente. Io cerco di scrivere delle storie che prima di tutto intrattengano me. Io sono il mio pubblico più severo. Se scrivo qualcosa e rileggendolo lo trovo noioso, non mi viene nemmeno lontanamente l’idea di proporlo a dei lettori. Se annoia me, figuriamoci loro!
Disprezzo però una categoria di persone che io definisco gli “intellettualoidi”. Coloro che, se non è Proust o Joyce, piuttosto non leggono. Coloro che superficialmente credono che il fantasy sia sempre e solo un genere “di intrattenimento” privo di qualsiasi spessore superiore. Eppure anche nei mondi fantasy avvengono le tragedie, si consumano gli amori più grandi e l’odio dell’uomo si scatena con fura devastante. Eppure ogni passione umana esiste anche in quei luoghi immaginari, dove lottano e si agitano personaggi animati dalle stesse nostre emozioni, paure e motivazioni.
Io credo che molte difficoltà del genere fantasy in questo nostro Paese siano da attribuire a questa temuta categoria. Costoro guardano dall’alto in basso ogni aspirante scrittore, pronti a demolire coloro che “non sono abbastanza seri” per essere definiti letterati. E con questo non critico Proust o Joyce, che per alcuni versi trovo molto apprezzabili. Io condanno un certo atteggiamento di sufficienza con cui questi “intellettualoidi” considerano tutto ciò che non possono categorizzare nei loro semplici schemi.
Il mio particolare invito rivolto a tutti gli aspiranti scrittori di fantasy è quello di continuare a scrivere e a provare a pubblicare. Forse non compariremo nelle vetrine di Feltrinelli e Mondadori, ma il mondo del fantasy italiano è florido e ricco. Siamo tanti, anche se generalmente ci crediamo una minoranza, e un libro dopo l’altro possiamo far sentire la nostra voce. Ai lettori di fantasy, invece, mi rivolgo con un sorriso di gratitudine. Continuate a leggerci: se il nostro amato fantasy continua ad esistere è soprattutto merito vostro. Ma ricordate che italiano non è sinonimo di scarsa qualità. Anche noi scrittori italiani abbiano tanto da dire in proposito!
Può essere vero che ci sono pochi autori fantasy italiani, ma non mi sembra proprio che sia un genere che gode di poco successo di pubblico in Italia, conosco più gente che legge quello che altro.
(ah, Finnegans Wake di Joyce probabilmente è la cosa più fantasy che sia mai stata scritta).
Trovo la tua osservazione interessante, nonostante a quanto so di questo mercato esso in Italia non sia florido come ad esempio nei Paesi anglofoni. Non criticavo Joyce in particolare, ma solo quelli che leggono Dubliners o Ulysses soltanto per vantarsi di questo! 🙂